sabato 25 febbraio 2012

Signoria di Dio sulla vita e






sulla morte.
Un'umanità salvata dalla morte e dal peccato attraverso la forza della redenzione di Cristo in Croce.
Dovremmo fermarci, abbandonare per un attimo le nostre attività e riflettere sulle conseguenze di tutto questo.
La nostra é una società frenetica, dove facilmente il fare prevale sull'essere, come se da noi dipendesse il destino del mondo. Non é così. L'esperienza del limite, della malattia, della morte ci richiama al nostro essere creature, quindi all'importanza d'accogliere, con umiltà, la vita come dono, fattoci dal Padre. Non siamo padroni di nulla, nemmeno di noi stessi. Non siamo venuti al mondo per nostra scelta. L'esserci é un bene, da amministrare e da amministrare con saggezza. Sarebbe un peccato sprecarlo, sarebbe un delitto infame, di cui rendere conto, spegnerlo.Meditavo  su queste cose ascoltando  il prof.Giuseppe Anzani, magistrato ed editorialista del quotidiano "Avvenire", ospite a Cremona qualche tempo fa.
Ha parlato di eutanasia, di sospensione delle cure, di accanimento terapeutico.
La morte , ha detto Anzani, "é una domanda che bussa all'Oltre".
Allora biologizzare semplicemente la morte, significa anche falsificare la propria vita, trasformarla in una cattiva commedia proprio quando cala il sipario dell'ultima Verità.
Ed é proprio per  amore della vita che non si deve assumere nei confronti della morte un atteggiamento di ripulsa.
Bisognerebbe fare come S. Francesco , chiamarla "Sorella".
Voler prometeicamente diventare arbitro della propria morte significa distruggere il senso del dono della propria vita."
Non credo vi sia altro da aggiungere a parole tanto profonde, tanto vere ed ogni tanto , da rendere oggetto di una attenta riflessione...

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